PARERE

Dettaglio parere dell'Avv. Maurizio Villani in materia fiscale e tributaria

02/12/2005

Mancata compilazione quadro Irap e mancato versamento

Quesito

Un professionista ingegnere si è rifiutato di pagare l'irap per l'anno 2003 e successivi perchè ritiene di non avere una adeguata organizzazione nello svolgimento della sua attività e quindi non ha materialmente compilato il quadro irap della dichiarazione dei redditi.

L'agenzia delle entrate con comunicazione relativa al 2003 gli ha chiesto il pagamento dell'imposta, della sanzione ridotta al 10% e degli interessi.

Se il professionista persiste nella sua decisione di non pagare può aspettare la successiva iscrizione a ruolo e proporre ricorso contro la cartella per far valere le sue ragioni?

La procedura è corretta o non può farlo e quindi gli conviene pagare ora?

Prov. Bari

Parere

Egr. dottore, in ordine al quesito da Lei proposto, Le preciso quanto segue.

L’art. 2 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 stabilisce che il presupposto dell’IRAP è 'l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi ….'.

La formulazione della disposizione dinanzi considerata è frutto delle modifiche apportate al testo dell’originario art. 1, comma 1, del D. Lgs. 10 aprile 1998, n. 137, in forza del quale, all’interno della norma in esame, sono state inserite le parole 'autonomamente organizzata'.

L’art. 3, comma 1, dello stesso D. Lgs. n. 446/97 dispone che i soggetti passivi d’imposta sono tutti coloro che esercitano una o più delle attività di cui al citato art. 2. Pertanto, la qualità di contribuente IRAP è assunta anche dalle persone fisiche e dalle società semplici esercenti arti e professioni di cui al comma 1 dell’art. 53 (art. 49 vecchio Tuir) del novellato D.P.R. n. 917/86 (TUIR).

Con riguardo alla disposizione sopra riportata, la Corte Costituzionale, all’interno della sentenza 10 maggio 2001, n. 156, ha affermato che '…mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa (intesa nella sua accezione civilistica di cui all’art. 2082 c.c.), altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui'.

Pertanto, secondo l’insegnamento della Consulta, a differenza dell’attività d’impresa, che non può prescindere dall’esistenza dell’elemento organizzativo, il quale è ad essa 'connaturato', le attività di lavoro autonomo, per quanto svolte con il carattere di abitualità, non si correlano necessariamente all’esistenza di una struttura organizzata, potendo essere svolte in assenza di quest’ultima.

La Corte Costituzionale è stata, quindi, di una chiarezza cristallina nell’affermare che non si applica l’Irap ai lavoratori autonomi che esercitano la propria attività in assenza di un’autonoma organizzazione di capitali e di lavoro altrui; ciò perché manca quella struttura organizzata e diretta alla produzione di beni e di servizi, che rappresenta il presupposto dell’Irap.

Ma ogni eventuale dubbio è stato eliminato dalla pronuncia della Suprema Corte con la sentenza n. 21203 del 05.11.2004, la quale, nel rigettare il ricorso dell’Ufficio, ha osservato che il Collegio Regionale ha delineato i principi applicativi dell’IRAP attraverso una compiuta analisi della sentenza della Corte Costituzionale e un’analitica rassegna della giurisprudenza di merito. La Suprema Corte nella sua pronuncia non ha enunciato alcun principio, ma si è limitata a confermare l’operato dei giudici di merito, in quanto – essendo i fattori organizzativi individuabili nel 'capitale' e nel 'lavoro' – il requisito dell’autonomia organizzativa deve essere ravvisato nella combinazione dei due elementi e quindi la presenza del solo primo elemento non può indurre (e non ha mai indotto) a ritenere presente un’organizzazione rilevante.

L’illegittimità dell’Irap è, ormai, universalmente manifesta e quasi pacificamente accettata, data la vasta risonanza suscitata nella pubblica opinione dalla circostanza che della questione è stata investita anche la Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

Com’è noto, infatti, con decisione 9 ottobre 2003, la Commissione tributaria provinciale di Cremona ha sollevato la questione di illegittimità dell’imposta presso la Corte di Lussemburgo (causa n. C-475/03), in ragione dell’incompatibilità dell’Irap con l’articolo 33 della Direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 388 (c.d. VI Direttiva IVA, modificata dalla Dir. 91/680), che sancisce il divieto di introdurre imposte sulla cifra d’affari ulteriori rispetto all’IVA.

Tale rilievo è stato condiviso dall’Avvocato Generale della Corte di Giustizia Europea che, nella conclusione del 17/03/05 n. 150005, ha chiesto di dichiarare l’Irap adottata dall’Italia 'incompatibile con il diritto comunitario, perché troppo simile all’IVA', e di procedere, altresì, all’abrogazione della stessa. Infatti, in attesa della fatidica pronuncia, i giudici europei hanno deciso che si dovrà tenere una nuova udienza, con tutta probabilità il prossimo 14 dicembre 2005.

In ordine all’applicazione delle sanzioni, a seguito dell’omesso versamento Irap, importante è la Circolare n. 24 del 05/09/2005 della Fondazione Luca Pacioli, la quale precisa che per i professionisti senza autonoma organizzazione non saranno dovute le sanzioni previste per le eventuali omissioni, nei versamenti Irap, causate dall’attesa per la prossima pronuncia della Corte di Giustizia sulla compatibilità del tributo con la disciplina comunitaria in materia di Iva; e questo nonostante il D.L n. 106 del 17/06/2005, poi convertito dalla Legge n. 156 del 31/07/2005 ('Disposizioni urgenti in materia di entrate'), al fine di evitare tali violazioni che ridurrebbero le entrate erariali. Il tutto sia perché la Corte Costituzionale ha già avuto modo di esprimersi sul punto con la sopra citata sentenza n. 156/2001 sia perché, nel caso specifico, non viene contestata la legittimità della norma ma l’applicazione della stessa a fattispecie estranee al presupposto oggettivo (v. articolo de 'Il Sole24ore' del 07/09/2005, pag. 24).

Da quanto sopra esposto emerge che, non pagando quanto richiesto dall’Agenzia delle Entrate, la somma sarà iscritta a ruolo e, successivamente, sarà emessa la relativa cartella di pagamento, la quale può essere impugnata dinanzi alla Commissione Tributaria di primo grado, eccependo, in primis, eventuali vizi propri dell’atto e, poi, la mancanza del presupposto impositivo per carenza di autonoma organizzazione (in base alla sentenza della Corte Costituzionale n. 156/2001) nonchè per contrasto con le norme comunitarie, in quanto, l’Irap per le sue caratteristiche è un duplicato dell’IVA.

In ogni caso, l’esito del contenzioso tributario, limitatamente al fatto che l’Irap è un duplicato dell’IVA, dipenderà dalla sentenza che sarà pronunciata dalla Corte di Giustizia il prossimo anno.

Distinti saluti.