PARERE

Dettaglio parere dell'Avv. Maurizio Villani in materia fiscale e tributaria

28/04/2006

Privacy e verifiche fiscali

Quesito

Quali adempimenti in materia di privacy sono tenuti a rispettare la G.di F./Agenzia delle entrate in caso di accesso ispettivo, che comprenda anche la richiesta di dati o notizie a presunti clienti della ditta accertata, nonché il rilievo della presenza di eventuali dipendenti regolarmente registrati o in corso di regolarizzazione?

L'eventuale mancato rispetto di tali eventuali procedure comporta l'illegittimità dell'eventuale atto di accertamento?

Prov. Lecce

Parere

Gentile Dott., in merito al quesito da Lei proposto, Le preciso quanto segue.

Con specifico riferimento all’attività di trattamento dei dati svolta 'di iniziativa' dalla Guardia di Finanza, è opportuno sottolineare che l’articolo 53, Titolo II rubricato ' Trattamento da parte di forze di polizia' del D.Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) stabilisce, espressamente, che:
'al trattamento dei dati personali effettuato da…forze di polizia …per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati, effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento, non si applicano le seguenti disposizioni del codice:
a) articoli 9, 10, 12, 13 e 16, da 18 A 22, 37, 38,commi da 1 a 5, e da 39 a 45;
b) articoli da 145 a 151.'

In particolare, non trova applicazione, tra gli altri, l’articolo 18 cit. che prescrive il rispetto dei limiti previsti dal predetto Codice n. 196/2003(Codice Privacy) nell’attività di trattamento dei dati personali.

Per l’adempimento dei loro compiti, quindi, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono procedere ad accessi, ispezioni e verifiche nei locali delle aziende e negli studi professionali.

Secondo gli articoli 52 del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 e 32 del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, così come modificati dalla legge n. 413 del 30 dicembre 1991, l’esercizio del potere di accesso del Fisco è subordinato alla concessione di apposita e motivata autorizzazione proveniente dal capo dell’ufficio nel caso di accesso presso locali adibiti, esclusivamente, ad attività commerciali o professionali, ovvero dall’autorità giudiziaria (Procuratore della Repubblica) nel caso di accesso presso locali adibiti anche ad abitazione privata.

L’accesso in locali adibiti esclusivamente ad abitazione privata, inoltre, incidendo in maniera sensibile su garanzie di libertà tutelate costituzionalmente, può essere effettuato solo in presenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali.

L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è, comunque, necessaria, per l’accesso in locali diversi dai precedenti, per perquisizioni personali, per aprire casseforti, borse, mobili, plichi, ecc.

Al riguardo, la Corte di Cassazione, in più occasioni, ha riconosciuto la legittimità dell’accesso, da parte della Guardia di Finanza e senza la suddetta autorizzazione, nello studio di un commercialista, al solo fine di prendere visione della documentazione di una società con sede amministrativa presso tale studio.

In ambito fiscale, inoltre, è molto ridotta la rilevanza del segreto professionale; l’attuale normativa, infatti, permette di procedere all’esame di documenti o alla richiesta di notizie ancorché coperte dallo specifico segreto, anche se ciò può avvenire solo previo ottenimento dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

L’articolo 12, commi 1 e 5 della Legge n. 212 del 27 luglio 2000 ('Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente') dispone, poi, una serie di limitazioni al potere di accesso, ispezione e verifica.
In particolare, il comma 1 stabilisce che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati all’esercizio dell’attività vanno effettuati sulla base di effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo e, salvo casi documentati eccezionali ed urgenti, durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile.
Il comma 5, poi, prevede che la permanenza degli operatori presso la sede del contribuente non possa superare i 30 giorni lavorativi (prorogabili per altri 30 giorni nei casi, individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio, di particolare complessità dell’indagine).

L’articolo 12, commi 2, 3, 6 e 7 della medesima legge stabilisce, inoltre, una serie di disposizioni a favore del contribuente. In particolare, quando inizia una verifica il contribuente ha diritto di essere informato su ragioni ed oggetto della stessa, sulla facoltà di farsi assistere da un professionista, su diritti ed obblighi che gli vanno riconosciuti.

Il contribuente, inoltre, qualora ritenga che gli organi verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente.

Questa figura, prevista sempre dalla legge n. 212/2000 cit., è stata istituita con la precisa funzione di monitorare il rispetto delle norme che disciplinano il rapporto tra il Fisco e il contribuente, anche diverse da quelle contemplate dallo Statuto.

Il mancato rispetto, da parte degli organi verificatori, delle procedure previste, in materia di accessi e verifiche, dall’attuale normativa, costituisce, inoltre, ad avviso di chi scrive, fondato motivo di illegittimità del successivo accertamento che ben potrà essere rilevata nella opportuna sede giudiziaria.

Al riguardo, giova sottolineare che vi è una numerosa e recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (ex plurimis: Corte di Cassazione, sentenza n. 10664 del 27 ottobre 1998; Corte di Cassazione, sentenza n. 19689 del 1 ottobre 2004) secondo la quale le prove acquisite senza rispettare le regole poste a tutela del contribuente e documentate nel processo verbale di constatazione comportano l’annullabilità dell’avviso di accertamento conseguente.

Per finire, a titolo puramente informativo, si fa presente che l’Agenzia delle Entrate, allo scopo di evitare tutti quegli errori compiuti dagli organi di controllo negli accessi o nelle ispezioni documentali che, il più delle volte, consentono al contribuente di impugnare l’azione del Fisco, riuscendo, magari, a spuntarla in giudizio, ha messo a punto il 'Vademecum per il verificatore'.
Si tratta di un documento composto da 53 schede nel quale sono contenuti in principi cardine che gli organi di controllo devono rispettare per non vanificare l’attività di accertamento.

Distinti saluti.