PARERE

Dettaglio parere dell'Avv. Maurizio Villani in materia fiscale e tributaria

20/06/2006

Sgravio parziale di cartella esattoriale

Quesito

Egr. Dott.Villani, Le sottopongo questo caso. Una Srl aderisce al condono ex art.9 bis L.289.

Presenta regolarmente la domanda che prevede il pagamento complessivo di Euro 6.373,00.

Paga la prima rata di Euro 6.000,00 il 16.05.2003 e rateizza la differenza di Euro 373,00 in altre due rate di Euro 186,68.

La prima viene pagata il 31.11.2003, mentre per la seconda del 30.06.2004, a causa di un disguido tecnico che non ha stampato la delega, è saltato il versamento.

L'Ag. Entrate di Cesena ha ritenuto inefficace il condono per mancata capienza e sgravata solo in parte la cartella esattoriale (è rimasta la sanzione ecc.), che poi è stata pagata.

E' corretta la decisione dell'Ag. Entrate?
Se no, si può impugnare lo sgravio?

La ringrazio per la risposta.
Prov. Rimini

Parere

Gentile Dott., dalla lettura del quesito, così come da Lei formulato, emerge che:
1) una società ha aderito al condono ex articolo 9 bis della legge n. 289 del 27/12/2002;
2) l’Agenzia delle Entrate di Cesena ha ritenuto inefficace il condono per mancata capienza senza, però, notificare alla predetta società uno specifico atto di diniego;
3) l’Ufficio ha, quindi, notificato la cartella di pagamento;
4) l’Agenzia delle Entrate di Cesena, infine, ha proceduto allo sgravio parziale della predetta cartella; la società ha, poi, provveduto a pagare le somme iscritte a ruolo.

Orbene, alla luce dei fatti così come emergono dal quesito in oggetto, Le preciso quanto segue.

La società in questione avrebbe dovuto impugnare la cartella di pagamento in oggetto davanti alla Commissione Tributaria provinciale competente entro il termine perentorio di 60 giorni (tenendo conto della sospensione feriale) dalla notifica della stessa, a pena di decadenza.

Con l’impugnazione de qua la società avrebbe dovuto far valere:

a) L’assoluta illegittimità nonché manifesta infondatezza dell’iscrizione a ruolo operata dall’Agenzia delle Entrate di Cesena.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, con la circolare n. 36/E del 09/08/2005 ha ben precisato al punto 2 che: nelle ipotesi in cui l’istanza di definizione non è stata perfezionata, l’ufficio competente, in ragione del domicilio fiscale del contribuente alla data di presentazione dell’istanza se validamente presentata ovvero alla data in cui avrebbe dovuto essere presentata se formalmente omessa, provvede a notificare al contribuente un provvedimento motivato.

La mancata notifica del provvedimento di diniego, quindi, determina, inevitabilmente, il perfezionarsi della definizione e la conseguente assoluta illegittimità ed infondatezza dell’iscrizione a ruolo operata dall’Ufficio.

L’istanza di definizione presentata dalla società in oggetto deve ritenersi, indubbiamente, perfezionata, visto che non è mai stato notificato, dall’Ufficio, un provvedimento di rigetto della stessa, così come previsto dalla circolare n. 36/E cit.

b) La nullità della cartella di pagamento impugnata, perché del tutto priva di motivazione.

La legge 07 agosto 1990 n. 241 ha, infatti, opportunamente disposto all’art. 3 che: 'ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato' e che è necessario 'indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria'.

Motivazione, quindi, satisfattiva e completa, che deve essere un 'ponte' tra quanto disposto dall’Ufficio ed i fatti posti alla base della decisione.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate con la citata circolare n. 36/E del 09/08/2005, nel fornire chiarimenti in merito alla formazione dei ruoli a seguito di definizione prevista dall’articolo 9 bis, della legge n. 289 del 27 dicembre 2002, ha precisato, al punto 4.2, che: dalle somme da iscrivere a ruolo risultanti dal controllo automatizzato sono detratti gli importi versati a seguito di istanza di definizione a titolo di imposte e di interessi.

In questo caso la cartella di pagamento evidenzia:
- l’imposta e gli interessi originariamente a ruolo;
-quanto versato a titolo d’imposta e di interessi a seguito di definizione non perfezionata;
- gli importi residui dovuti a titolo d’imposta e di interessi;
- la sanzione commisurata all’ammontare del versamento originariamente omesso o eseguito in ritardo.

In cartella, inoltre, è esplicitata la motivazione del mancato perfezionamento della sanatoria.

La carenza di motivazione della cartella in oggetto e la conseguente assoluta nullità della stessa appare ancor più evidente se si tiene conto che, nel caso di specie, l’Ufficio non ha mai notificato alla società il provvedimento di diniego della domanda di condono.

c) La validità del condono, atteso che la definizione ex art. 9 bis della L. n. 289/2002 è da considerarsi valida, a tutti gli effetti, anche in caso di ritardato o mancato pagamento di una rata, mancando un’esplicita previsione normativa in senso contrario.
In altri termini, alla luce del principio 'quod lex voluit, dixit', la mancata previsione della specifica ipotesi dell’inefficacia non determina la stessa qualora il pagamento non sia effettuato alle scadenze previste.

d) La illegittimità delle sanzioni irrogate, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4, 5 e 6 del D.Lgs. n. 472 del 18/12/1997.

Orbene, la mancata tempestiva impugnazione della cartella di pagamento in oggetto nel predetto termine perentorio ha, però, determinato la definitività della stessa e la conseguente impossibilità di far valere, in giudizio, le predette eccezioni.

In siffatta ipotesi, l’unica strada che, a parere di chi scrive, appare percorribile è la proposizione, da parte della società, di una istanza di annullamento in autotutela della cartella di pagamento in questione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2-quater del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, in legge 30 novembre 1994, n. 656.

Avverso il diniego espresso della predetta istanza da parte dell’Agenzia delle Entrate di Cesena, poi, la società potrà proporre ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale competente, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica del predetto diniego.

In mancanza di un rigetto espresso, invece, trascorsi infruttuosamente 90 giorni dalla richiesta di annullamento in autotutela, la società potrà proporre ricorso, davanti al Giudice tributario, avverso il silenzio rifiuto (in tale ipotesi, il termine per l’impugnazione è quello ordinario di dieci anni).

Con la predetta impugnazione, si potrà, quindi, far valere l’infondatezza della pretesa avanzata dall’Amministrazione finanziaria nonché la nullità della cartella di pagamento precedentemente notificata per i motivi di diritto e di merito sopra esposti.

Al riguardo, giova sottolineare che la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 16776 del 10/08/2005, a Sezioni Unite, ha riconosciuto la competenza esclusiva del Giudice tributario in materia di '... impugnazioni proposte avverso il rifiuto espresso o tacito dell’Amministrazione a procedere ad autotutela'.

Il Giudice di legittimità ha, infatti, affermato che con l’articolo 12, comma 2, della L. 28 dicembre 2001, n. 448, la giurisdizione tributaria è divenuta-nell’ambito suo proprio-una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari.

La Suprema Corte ha, altresì, evidenziato che la riforma del 2001 ha, poi, necessariamente comportato una modifica dell’articolo 19 del D.LGS. n. 546/1992: l’aver consentito l’estensione al contenzioso tributario di ogni controversia avente ad oggetto tributi, comporta, infatti, la possibilità, per il contribuente, di rivolgersi al Giudice tributario ogni qual volta l’Amministrazione manifesti(anche attraverso la procedura del silenzio-rigetto) la convinzione che il rapporto tributario debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare.

Distinti saluti.