PARERE

Dettaglio parere dell'Avv. Maurizio Villani in materia fiscale e tributaria

07/07/2006

Transazione dei debiti tributari

Quesito

La transazione fiscale, introdotta come istituto dall'art.3 del decreto legge n.138 del 2002 (convertito dalla legge n.178 del 2002) è stata abrogata dall'art.151 del decreto legislativo 9 gennaio 2006 n.5.

L'articolo 146 dello stesso decreto legislativo n.5/2006 introduce, con decorrenza 17 Luglio 2006 (in corso di proroga), nell'ambito della legge fallimentare, l'articolo 182 ter relativo alla transazione fiscale.

Esiste quindi uno sfasamento temporale tra l'abrogazione dell'articolo 3 del decreto legge n.138/2002 e l'entrata in vigore del citato articolo 182-ter della legge fallimentare.

In questo periodo di transazione è possibile applicare l'istituto della transazione fiscale nell'ambito dell'istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti previsto dall'articolo 182-bis della legge legge fallimentare?

Prov. Chieti

Parere

Egregio Dottore, in ordine al quesito da Lei proposto, Le preciso quanto segue.

L’art. 151 del D. Lgs. n. 5 del 09/01/2006 ha disposto l’abrogazione dell’art. 3, comma 3, del D.L. n. 138 del 08/07/2002, convertito nella L. n. 178 del 08/08/2002, recante disposizioni in materia di transazione dei tributi iscritti a ruolo il cui gettito è di esclusiva spettanza dello Stato.

L’art. 146 del sopra citato D. Lgs. n. 5/2006 ha introdotto, con decorrenza 17 luglio 2006, nell’ambito della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 16/03/1942), l’art. 182 ter relativo alla transazione fiscale.

Lo sfasamento temporale esistente tra l’abrogazione dell’art. 3 del D. Lgs. n. 138/2002 cit., e l’entrata in vigore del citato art. 182 ter della legge fallimentare ha fatto sorgere il problema della disciplina applicabile, fino al 17 luglio 2006, alle transazioni fiscali.

L’art. 2 del D.L. n. 35 del 14/03/2005 (c.d. decreto sulla competitività), convertito nella L. n. 80 del 14/05/2005 (G.U. n. 11 del 14/05/2005 – S.O. n. 91), ha apportato significative modifiche agli istituti della revocatoria fallimentare e del concordato preventivo ed ha introdotto nel corpus della legge fallimentare l’art. 182 bis relativo agli accordi di ristrutturazione dei debiti.

In merito a tale articolo si è posta la questione della applicabilità alle transazioni fiscali della disciplina da esso dettata fino alla data di entrata in vigore dell’art. 182 ter.

In base all’art. 182 bis, che si inserisce nell’ambito del titolo III della legge fallimentare, relativo al concordato preventivo, il debitore può depositare, con la dichiarazione e la documentazione di cui all’art. 161, un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

Da un punto di vista soggettivo, non è richiesta alcuna prerogativa né tanto meno alcun requisito di meritevolezza, per cui tutti gli imprenditori possono ricorrere agli accordi di ristrutturazione, purché trattasi, ovviamente, di imprenditori commerciali non piccoli.

Dal punto di vista oggettivo, anche se manca un esplicito richiamo all’art. 160 L.F., è da intendersi che anche qui, come per l’accesso al concordato preventivo, occorra la sussistenza dello stato di crisi, che non occorre che esso venga dichiarato, ne basta la semplice sussistenza.

L’accordo è caratterizzato da due fasi: una stragiudiziale, nell’ambito della quale il debitore ed i creditori, in completa autonomia negoziale stipulano l’accordo, ed una giudiziale, in cui si richiede l’omologazione del tribunale, al fine di produrre effetti legali nei confronti dei terzi (tra cui il Fisco).

Caratteristica fondamentale di questo istituto è rappresentata dal fatto che è volto al risanamento dell’azienda: l’accordo, infatti, può poggiare su un piano di risanamento/ristrutturazione dell’impresa stessa.

La norma tace sui criteri utilizzati per raccogliere le adesioni da parte dei creditori ma, in proposito, si ritiene che sia possibile suddividere i creditori per classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei, come anche effettuare trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse, in applicazione di quanto previsto dall’art. 160 L.F. in punto di concordato preventivo.

La norma ammette, altresì, che alcuni creditori possano restare estranei all’accordo; con riferimento a quest’ultimo aspetto, la legge dispone che i creditori rimasti estranei debbano essere pagati regolarmente.
Tale locuzione è stata oggetto di varie interpretazioni: secondo l’interpretazione maggioritaria va intesa nel senso di 'integralmente', mentre quella minoritaria ritiene che detti creditori devono essere pagati nella stessa percentuale prevista per la classe a cui appartengono.

Da quanto sopra esposto emerge che l’accordo di ristrutturazione dei debiti riguarda un intervento sui debiti contratti dall’imprenditore, senza alcuna distinzione tra tipologie del debito e suo ammontare.

Ma come se non bastasse, l’affermazione circa l’applicabilità ai debiti tributari dell’art. 182 bis legge fallimentare trova indiretta conferma nella previsione di cui all’u.c. dell’art. 182 ter.

L’affermazione secondo la quale 'ai debiti tributari amministrati dalle Agenzie fiscali non si applicano le disposizioni di cui all’art. 182 bis' consente di ritenere, con un ragionamento a contrario, che se per escludere, a far data dal 17 luglio 2006 (data di entrata in vigore dell’articolo), l’applicabilità della disciplina dettata in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti ai debiti tributari, il legislatore ha dovuto inserire un’apposita norma, l’applicazione di tale disciplina alle transazioni fiscali non può essere negata in linea di principio, fino alla data di entrata in vigore dell’art. 182 ter, che introduce una disciplina speciale per tali transazioni.

In questo senso, deve peraltro essere interpretata la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 8 del 04/03/2005 laddove, con riferimento alla transazione dei tributi iscritti a ruolo ex art. 3, comma 3, L. n. 178/2000, ha precisato che gli eventuali accordi transattivi con debitori che rivestono la qualifica di imprenditori commerciali possono essere conclusi solamente a condizione che lo stesso accordo proposto all’Agenzia sia inserito in un piano di riassetto dell’impresa e di ristrutturazione del debito che prevede il coinvolgimento di tutti i creditori.

Alla luce di quanto sopra esposto, secondo me, fino all’entrata in vigore del nuovo articolo 182 ter (transazione fiscale), di fronte ad un evidente vuoto legislativo, si può applicare l’art. 182 bis, il quale garantisce, nelle more dell’applicabilità dell’art. 182 ter, la possibilità di procedere alla ristrutturazione di tutti i tipi di debiti, compresi quelli fiscali.

Distinti saluti.