PARERE

Dettaglio parere dell'Avv. Maurizio Villani in materia fiscale e tributaria

08/10/2004

Avviso di accertamento per infedele denuncia ICI

Quesito

Il comune di Senigallia (AN) ha notificato Avvisi di accertamento ICI per infedele denuncia a esercenti attività alberghiere per i fabbricati rientranti nella categoria catastale D2 avendo gli stessi dichiarato il valore dei fabbricati sulla base dei valori contabili in base all'art. 5, c.3, D.Lgs. 504/1992 non conoscendo la rendita catastale attribuita.

Il comune comunica che la rendita catastale era già stata attribuita dall'UTE sin dall'impianto meccanografico del 30 giugno 1987.

Non essendo mai stata notificata la rendita dall'UTE veniva richiesta all'Agenzia del territorio certificazione dell'avvenuta notifica della rendita ed in esito alla stessa veniva comunicato che la rendita catastale attribuita ai fabbricati era stata pubblicata per affissione all'Albo Pretorio del Comune di Senigallia dal 01.07.1998 al 31.07.1998 in conformità a quanto stabilito dall'Integrazione alle Istruzioni sulla Conservazione del NCEU pubblicata sulla G.U. n. 250 del 25 ottobre 1989.

In base a ciò, il Comune liquida per gli anni dal 1999 al 2003 la maggiore imposta, la sanzione amministrativa per infedele denuncia pari al 50 per cento dell'imposta accertata e gli interessi.

Si chiede pertanto:
- se tale operato è conforme alla legge;
- se al contribuente doveva essere notificata la rendita catastale;
- se può essere applicata la sanzione per infedele denuncia per tutti gli anni accertati o se si deve tener conto del cumulo giuridico delle sanzioni e applicare la sanzione solo al primo anno.

Parere

Nel rispondere al quesito posto alla nostra attenzione, è doveroso fare riferimento ad una recente sentenza della Suprema Corte (n. 12436 del 7 luglio 2004), secondo la quale 'In materia di ICI, la norma prevista dal comma 2 dell'art. 5 del D. Lgs. n. 504/92 - per i fabbricati iscritti in Catasto, il valore è costituito dal c.d. 'valore catastale', che risulta dall'applicazione dei moltiplicatori di cui al D.P.R. n. 131/1986 all'ammontare delle rendite risultanti in Catasto - , si applica tutte le volte in cui l'immobile sia iscritto in Catasto, a prescindere dalla circostanza che l'immobile, anche se di gruppo 'D', come nel caso de quo, sia interamente posseduto da un'impresa e sia distintamente contabilizzato'.

Invero, la diversa previsione del comma terzo dell'art. 5 del D. Lgs. n. 504 del 30.12.1992 (in base al quale per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in Catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all'anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, applicando appositi coefficienti stabiliti anno per anno) opera soltanto nel caso in cui l'immobile stesso, classificabile nel gruppo catastale D, interamente posseduto da un'impresa e distintamente contabilizzato, non sia tuttavia iscritto in Catasto.

Dal quesito emerge che la rendita catastale era stata attribuita dall'Ute (dal 1° gennaio 2001 Agenzia del Territorio) sin dall'impianto meccanografico del 30 giugno 1987 e, fra l'altro, mai comunicata al contribuente, in quanto pubblicata per affissione all'Albo Pretorio.

In riferimento al primo quesito, la procedura adottata è corretta e del tutto regolare agli effetti catastali, in quanto gli atti dell'Ufficio del territorio, secondo le norme vigenti fino al 31 dicembre 1999, potevano considerarsi giuridicamente conosciuti dal contribuente con la semplice pubblicazione mediante affissione all'Albo pretorio.

La legge n. 342 del 21.11.2000, recante il c.d. 'collegato' alla legge finanziaria per l'anno 2000, ha introdotto, all'art. 74, importanti innovazioni in materia di ICI. In particolare, dal 1° gennaio 2000 gli atti che attribuiscono o modificano la rendita catastale di terreni o fabbricati acquistano efficacia (non più dal momento della loro pubblicazione all'albo pretorio, come è avvenuto fino al 31.12.1999 o da quello della comunicazione per mezzo del servizio postale, come è avvenuto dal 1° gennaio al 9 dicembre 2000, ex art. 30 co. 11, L. n. 488 del 23.12.1999), dal momento della loro notificazione, effettuata dal competente ufficio del territorio, ai soggetti intestatari della partita catastale, affinché sia garantita l'effettiva conoscenza da parte del contribuente.

Dalla data di notificazione di tale provvedimento decorrono 60 giorni per la proposizione del ricorso avverso l'attribuzione della rendita catastale, ai sensi dell'art. 2, co. 3, del D. Lgs. n. 546/92.

Di conseguenza, in caso di impugnazione, le rendite diverranno efficaci solo dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva.

Da quanto sopra esposto emerge e, nello stesso tempo, rispondendo al secondo quesito, che al contribuente non doveva essere notificata alcuna rendita catastale, ma tutt'al più, nel proprio interesse, nel momento in cui ha presentato la dichiarazione ICI (adempimento di natura formale), lo stesso doveva verificare, mediante visura catastale, la rendita effettiva.

Per quanto riguarda il terzo quesito, occorre fare riferimento al 2° comma dell'art. 14, L. n. 504/1992, rubricato 'Sanzioni ed interessi', secondo il quale

'Se la dichiarazione o la denuncia sono infedeli si applica la sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della maggiore imposta dovuta'.

La sanzione è ridotta ad un quarto se, entro il termine per ricorrere alle Commissioni Tributarie, interviene adesione del contribuente con il pagamento del tributo e della sanzione.

Ed ancora, il 6° sesto comma, prevede che 'Sulle somme dovute per imposta si applicano gli interessi moratori nella misura del sette per cento per ogni semestre compiuto. Questo articolo è stato sostituito dall'art. 14 del D. Lgs. n. 473 del 18.12.1997.

Nel caso de quo si fa riferimento alla norma istitutiva dell'imposta (D. Lgs. n. 504/92), in quanto il Regolamento del Comune di Senigallia, per la disciplina dell'imposta comunale sugli immobili, adottato sulla base della potestà regolamentare attribuita al Comune dagli artt. 52 e 59 del D. Lgs. n. 446/1997 e dell'art. 50 della L. n. 449/1997 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004, con delibera n. 22 del 25.03.2004, all'art. 16, pur disciplinando le 'sanzioni ed interessi' prende in considerazione i casi in cui non si applicano sanzioni ed interessi.

Nel suo silenzio, quindi, ci si rimanda alla norma generale.

Per quanto riguarda la quantificazione concreta della sanzione occorre fare riferimento all'art. 12 (D. Lgs. n. 472/1997), che disciplina la sanzione unica (c.d cumulo giuridico), ricorrendo l'ipotesi di continuazione, che si verifica quando si commettono più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell'imponibile, ovvero la liquidazione, anche periodica del tributo.

Si precisa che il comma 5 dell'art. 12, come risultante dopo le modifiche apportate dal D. Lgs. n. 99 del 30.03.2000, stabilisce che quando violazioni della 'stessa indole' vengono commesse in periodi d'imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo.

Pertanto, viene confermato che la continuazione può aversi anche per violazioni commesse in periodi d'imposta diversi, purchè si tratti di violazioni della 'stessa indole'.

La Relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. n. 99/2000 afferma che, con tale modifica normativa, si è inteso chiarire che, per poter applicare il cumulo giuridico per più periodi d'imposta non è indispensabile che le singole violazioni siano legate da un nesso di progressione, 'essendo sufficiente che si tratti di violazioni della stessa indole'. Per tutto ciò, la sanzione unica deve essere applicata, ad es., a più violazioni di dichiarazione infedele riguardanti più annualità (violazioni della stessa indole), ovvero a più violazioni di omessa fatturazione e/o registrazione, anche concernenti più periodi d'imposta.

Ne dovrebbe scaturire che in caso di violazioni 'a catena' commesse in più anni (ad es. omessa fatturazione/registrazione, infedele dichiarazione periodica, annuale, mancata contabilizzazione di ricavi) l'Ufficio dovrebbe applicare una sola sanzione, aumentata di un quinto (se le violazioni riguardano più tributi), poi dalla metà al triplo ed infine, da un quarto al doppio. In ogni caso, la sanzione finale non può essere, comunque, superiore a quella risultante dal cumulo delle sanzioni previste per le singole violazioni.

Fra l'altro, è bene sottolineare che, nel caso de quo, la continuazione si è interrotta con l'avvenuta constatazione della violazione, mediante la notifica dell'avviso di liquidazione.