ALPE
Associazione Liberi Professionisti Europei
Telefisco 2006 - Il sole 24 ore: le risposte dell'Agenzia delle Entrate
Il 31 gennaio si è svolto
Telefisco 2006, convegno organizzato dal il Sole 24 Ore sulle novità tributarie.
Nel corso dell'evento, l'Agenzia delle entrate ha risposto a quesiti in materia
di rendite finanziarie, programmazione triennale e adeguamento 2003-2004, indagini
bancarie e lotta all'evasione, pex, rivalutazione dei beni, avviamento, leasing,
rivalutazione di partecipazioni e terreni, immobili delle imprese, agricoltura,
nuovo bilancio, reddito d'impresa, correttivo Ires, immobili.
TELEFISCO 2006
RENDITE FINANZIARIE
Strumenti finanziari partecipativi esteri. Redditi conseguiti nell’esercizio d’impresa: esercizio di competenza
D Gli strumenti
finanziari emessi da soggetti non residenti, il cui rendimento sia costituito
da una partecipazione al risultato economico dell’emittente e sia deducibile
dal reddito imponibile estero dell’emittente stesso sono assimilati ai
titoli obbligazionari o ai titoli atipici.
Se tali strumenti sono posseduti da un soggetto esercente impresa commerciale,
il reddito o la perdita concorre a formare l’imponibile per competenza.
Ciò premesso, è confermato che la partecipazione alle perdite è deducibile nell’esercizio
in cui si chiude l’esercizio dell’emittente a prescindere dal regolamento
finanziario e che lo stesso criterio si applica alla partecipazione agli utili?
Quale tasso di cambio deve essere applicato alle perdite e agli utili?
R Gli strumenti
finanziari in esame si caratterizzano per la sussistenza di due requisiti:
1) il rendimento è costituito totalmente dalla partecipazione ai risultati economici
dell’emittente;
2) tale rendimento è deducibile dal reddito imponibile estero dell’emittente
stesso.
Quest’ultima circostanza impedisce l’assimilazione degli strumenti
finanziari alle azioni.
Ne consegue che tali strumenti finanziari possono essere assimilati alle obbligazioni
o ai titoli atipici.
Qualora il titolo comporti la partecipazione del sottoscrittore non solo agli
utili ma anche alle perdite dell’emittente, lo strumento finanziario,
per il quale non è riconosciuto – come nel caso in esame – il diritto
alla restituzione integrale del capitale mutuato, sarà assimilato ai titoli
atipici.
Con riferimento al primo quesito, non si rende applicabile la soluzione prospettata
nella Risoluzione n. 1127 del 3 marzo 1984.
Tale risoluzione, infatti, si riferisce ad una diversa fattispecie, caratterizzata
dall’esistenza di un preciso rapporto contrattuale (di associazione in
partecipazione), non cartolarizzato.
Nel caso rappresentato, invece, il contribuente ha sottoscritto strumenti finanziari
emessi da una società non residente.
Tale circostanza comporta che fino al momento del realizzo – cioè alla
scadenza del titolo o quando lo stesso sarà venduto – le eventuali perdite
del soggetto emittente avranno rilievo per il sottoscrittore esclusivamente
ai fini della valutazione dello strumento finanziario. Si applicherà, pertanto,
l’articolo 94 del TUIR; in particolare, ai sensi del comma 4 del citato
articolo, il valore minimo dovrà essere determinato:
a) in base ai prezzi rilevati nell’ultimo giorno dell’esercizio
ovvero in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese,
qualora si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati; ovvero
b) comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche
negoziati in mercati regolamentati e, in mancanza, in base ad altri elementi
determinabili in modo obiettivo, qualora gli strumenti in questione non siano
negoziati in mercati regolamentati.
Per quanto concerne il cambio applicabile, l’articolo 110, comma 3 del
TUIR fa riferimento al cambio alla data di chiusura dell’esercizio per
i “titoli assimilabili alle obbligazioni”. Ciò vale anche per i
titoli di massa derivanti dall’impiego di capitale ricompresi nell’articolo
44, comma 1, lettera b), del TUIR (tra cui rientrano i titoli atipici).
Contratti di cointeressenza propria, senza apporto: natura del reddito conseguito dal cointeressato
D Gli utili derivanti
dai contratti di cui al primo comma, secondo periodo, dell’articolo 2554
del codice civile rientrano fra i redditi di capitale di cui all’articolo
44, comma 1, lettera f), del Testo unico. In base all’articolo 45 del
TUIR, il reddito è costituito dall’ammontare degli utili percepiti nel
periodo d’imposta senza alcuna deduzione. Consegue che le partecipazioni
alle perdite del cointeressante non sono deducibili per i cointeressati non
esercenti attività d’impresa. In caso di cessione del contratto, si produce
un reddito di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-quinquies).
Anche in questo caso, quindi, l’eventuale minusvalenza non è deducibile
dal reddito dei soggetti non esercenti impresa. E’ esatto?
R Gli utili derivanti
da contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza rientrano fra
i redditi di capitale secondo quanto esplicitamente disposto dall’articolo
44, comma 1, lettera f), del TUIR.
Tale reddito mantiene la natura di reddito di capitale qualora non sia percepito
nell’ambito di un’attività commerciale e, pertanto, andrà determinato
secondo le modalità di determinazione proprie di tale tipologia reddituale.
A tale proposito l’articolo 45 del TUIR dispone che il reddito di capitale
è costituito dall’ammontare degli utili percepiti nel periodo d’imposta
senza alcuna deduzione.
Ne consegue che le partecipazioni alle perdite del cointeressante non sono deducibili
per i cointeressati non esercenti attività d’impresa.
Ciò posto, in caso di cessione del contratto, l’eventuale minusvalenza
non è deducibile. Infatti, si tratta di un reddito diverso di natura finanziaria
di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-quinquies), del TUIR
che, per effetto di quanto disposto dall’articolo 68, comma 9, dello stesso
Testo unico, è determinato senza dedurre le minusvalenze ed i differenziali
negativi.
Strumenti finanziari partecipativi “non equity”. Plusvalenze
D Le plusvalenze derivanti dalla cessione di strumenti finanziari partecipativi che prevedano l’obbligo di restituzione del capitale alla scadenza (cosiddetti “non equity”, rappresentativi di prestiti e non di capitale) rientrano nell’articolo 67, comma 1, lettera c), numero 1 e sono, quindi, sempre “qualificati”, oppure sono da considerare come rappresentativi di una partecipazione al patrimonio e, quindi, sono “qualificati” o “non qualificati” in funzione del valore dell’apporto?
R Gli strumenti
finanziari – indipendentemente dalla loro denominazione formale –
sono assimilati alle azioni e godono del medesimo regime fiscale degli utili
qualora siano caratterizzati da una remunerazione totalmente collegata ai risultati
economici della società emittente (o di una società del gruppo o dell’affare
in relazione al quale sono stati emessi).
Ciò si verifica anche nel caso in cui sia prevista la restituzione integrale
dell’apporto.
In tal caso, come già chiarito nella circolare n. 52/E del 10 dicembre 2004,
paragrafo 2.2.2.1, la cessione dello strumento finanziario può dar luogo ad
una plusvalenza qualificata o meno a seconda che l’apporto di capitale
sia o meno superiore alle percentuali di patrimonio indicate nell’articolo
67, comma 1, lettera c), del TUIR.
Qualora invece la remunerazione degli strumenti finanziari sia costituita in
parte da interessi e in parte sia collegata ai risultati economici della società
emittente (o ad una società del gruppo o di un affare) l’assimilazione
alle azioni non si applica.
Pertanto, occorre verificare se lo strumento finanziario può essere assimilato
ai titoli obbligazionari o ai titoli atipici.
Nel caso in cui sia prevista la restituzione integrale del capitale apportato,
lo strumento finanziario è assimilabile ai titoli obbligazionari.
La cessione di tale strumento, quindi, dà origine a redditi diversi di natura
finanziaria secondo le regole proprie dei titoli non partecipativi di cui all’articolo
67, comma 1, lettera c-ter), del TUIR.
Dividendo in natura costituito da azioni o quote di società. Costo delle partecipazioni ricevute
D Nel caso in cui sia stato percepito un dividendo in natura rappresentato da azioni o quote di una società, e il dividendo abbia concorso alla formazione dell’imponibile del percipiente nella misura del 40% o del 5% a secondo dei casi, il costo fiscale delle azioni o quote ricevute è pari al loro valore normale alla data di assegnazione o al 40% o 5% di tale valore?
R Le plusvalenze
derivanti da azioni o quote di una società, ai sensi dell’articolo 68,
comma 6, del TUIR, sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito
ovvero la somma o il valore normale dei beni rimborsati ed il costo o il valore
di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla
loro produzione.
Nel caso in cui siano stati distribuiti dividendi in natura rappresentati da
azioni, nonostante l’ammontare che concorre alla formazione del reddito
imponibile del percettore sia pari al 40% o del 5% del loro importo, si ritiene
che il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni sia pari all’intero
importo del valore normale delle stesse.
La riduzione dell’imponibile, infatti, costituisce una mera modalità di
determinazione del reddito che ha la finalità di evitare la doppia tassazione
in capo ai percipienti e alla società emittente.
Pertanto ai fini della determinazione delle plusvalenze come costo di acquisto
deve essere assunto l’intero valore normale delle azioni o quote di società
al momento dell’assegnazione.
Ripartizione di riserve di capitale ai nudi proprietari
D Nel caso in cui i nudi proprietari abbiano effettuato apporti in conto capitale (sovrapprezzo azioni o quote o versamenti in conto capitale) e, successivamente, l’assemblea deliberi di ripartire tali riserve fra i nudi proprietari stessi, si applica la presunzione di cui all’articolo 47, comma 1, secondo periodo?
R La presunzione
di distribuzione prioritaria degli utili e delle riserve di utili è una presunzione
assoluta che ha finalità antielusive e che si applica indipendentemente da quanto
indicato nella delibera assembleare.
Di conseguenza, indipendentemente dalla condizione del soggetto percettore delle
somme distribuite, usufruttuario o nudo proprietario, le riserve distribuite,
in presenza di utili o di riserve di utili, sono tassate in capo agli stessi
come utili da partecipazione.
PROGRAMMAZIONE TRIENNALE E ADEGUAMENTO 2003-2004
Modalità di adeguamento 2003-2004
D Ritiene l’Agenzia che sia possibile avvalersi della definizione per i periodi d’imposta 2003 e 2004, ai sensi del comma 510 e seguenti della Finanziaria 2006, anche per uno solo dei due periodi d’imposta ?
R Stante il dettato normativo, si è del parere che il contribuente che abbia aderito alla proposta di programmazione fiscale possa avvalersi della definizione disciplinata ai commi 510 e seguenti della legge n. 266 del 2005 anche per uno solo dei due periodi di imposta interessati.
Irrilevanza delle perdite
D Riguardo la previsione (comma 516) che dispone l’irrilevanza delle perdite e il divieto di riporto a nuovo delle stesse, l’Agenzia delle entrate può confermare che il principio è lo stesso del concordato ex articolo 7 della L. 289/2002, per cui possono ritenersi validi i chiarimenti forniti a proposito di tale definizione (ad esempio, circolare 12/E/2003)?
R In relazione al
trattamento delle perdite disciplinato al comma 516 della legge n. 266 del 2005,
si ritiene che il dettato normativo si riferisca anche alle perdite riportate
da periodi di imposta precedenti.
In relazione alla corretta individuazione delle perdite in argomento, si richiama,
per quanto compatibile, l’interpretazione fornita in materia di adesione
all’istituto di cui all’articolo 7 della legge 289 del 2002, al
punto 4.6.3 della circolare n. 12/E/03.
INDAGINIE BANCARIE E LOTTA ALL’EVASIONE
Indagini bancarie
D Siamo una società
che svolge attività di cambiavalute.
Gli adempimenti previsti in materia di indagini finanziarie, a decorrere dal
1° marzo 2006, riguardano solamente i nostri clienti residenti in Italia ovvero
le rilevazioni devono essere operate, e possono essere richieste dall’Amministrazione
finanziaria, anche per i non residenti che cambiano valuta presso i nostri sportelli?
R La rilevazione
riguarda sia i soggetti residenti che i non residenti.
In particolare per questi ultimi, i dati da rilevare sono:
- per i contribuenti persone fisiche, il codice fiscale o, se mancante, il nome,
il cognome, la data di nascita e lo stato di residenza;
- per gli altri contribuenti, il codice fiscale o, se mancante, la denominazione
e lo stato di residenza.
Indagini bancarie
D L’elenco
contenuto nell’allegato 3 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate del 22 dicembre 2005 individua i soggetti cui possono essere richieste
informazioni rilevanti ai fini delle indagini finanziarie.
Chi sono gli “altri intermediari” indicati al punto 16 dell’allegato
3?
Quali operazioni devono essere monitorate dalle holding di partecipazione o
casseforti di famiglia?
Tutti gli intermediari indicati nell’allegato 3 devono entro il 28 febbraio
comunicare la casella di PEC all’Agenzia delle Entrate?
R Il codice 16 è
un codice residuale che ha una doppia valenza:
1. tradurre operativamente la norma (art. 7 d.P.R. n. 605 del 29 settembre 1973)
nella parte in cui recita: ”[…]nonché ogni altro operatore finanziario[…]”;
2. prevedere in relazione alla nuova disciplina nuove figure di intermediari
che, eventualmente, dovessero configurarsi in futuro.
Le operazioni oggetto di monitoraggio da parte delle holding di partecipazione
sono classificate e contenute nella tabella generale delle operazioni, allegato
n. 1, al provvedimento del 22 dicembre 2005.
Tutti gli intermediari, indicati nell’allegato 3 al provvedimento del
22 dicembre 2005 devono comunicare la loro casella di PEC entro il 28 febbraio
2006.
Solidarietà passiva Iva
D Ho acquistato
un personal computer ad una vendita promozionale, pagandolo quindi ad un prezzo
inferiore a quello del suo effettivo valore di mercato.
Posso essere considerato responsabile in caso di mancato versamento, da parte
del cedente, dell’Iva dovuta sull’acquisto?
Se sì, quale prova contraria posso fornire per vincere la presunzione tenuto
conto del fatto che il valore normale di questi beni sul mercato è totalmente
indefinibile?
R Premesso che la disposizione dell’art. 60-bis del DPR n. 633 del 1972 si applica soltanto nei confronti dei soggetti passivi d’imposta, si precisa che la responsabilità solidale incontra i limiti fissati nel comma 3, tra i quali la sussistenza di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili, quali la presenza di campagne promozionali, peraltro disciplinate dalle norme vigenti in materia di commercio.
PEX
Tassazione rateizzata delle plusvalenze
D Con riferimento al nuovo regime di parziale imponibilità delle plusvalenze occorre chiarire se, per le partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie negli ultimi tre bilanci, la quota imponibile (5%, 9% o 16% a seconda della data di cessione delle partecipazioni) della plusvalenza possa essere rateizzata in capo alla società cedente, considerato che il vigente comma 4 dell’articolo 86 del TUIR riconosce questa facoltà soltanto con riferimento alle “plusvalenze realizzate, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87…”.
R Alla luce del dato letterale dell’articolo 86 del TUIR (“per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87, le disposizioni dei periodi precedenti si applicano per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per primi i beni acquisiti in data più recente”), si ritiene che, nel caso in cui dalla cessione di una partecipazione in possesso dei requisiti per l’esenzione ai sensi dell’articolo 87 emerga una plusvalenza, la quota imponibile di tale componente straordinario di reddito non possa essere rateizzata in quote costanti, ma partecipi alla formazione del reddito dell’esercizio in cui avviene la cessione.
Plusvalenze nell’ambito di cessione di azienda
D Se viene ceduta una azienda che comprende partecipazioni, è possibile scomputare dalla plusvalenza la quota imputabile alle azioni o quote cedute, facendo concorrere questa parte di plusvalenza al reddito per il 9 per cento?
R Il corrispettivo
percepito per la cessione costituisce un valore riferito all’azienda intesa
come unitario complesso di beni da cui origina una plusvalenza che non si può
identificare con quella relativa alla cessione delle partecipazioni che ne fanno
parte.
Ne consegue che, così come concorrono alla determinazione dell’unica plusvalenza
i beni merce (che, qualora fossero singolarmente ceduti, darebbero origine a
ricavi), allo stesso modo anche l’eventuale plusvalenza relativa alle
partecipazioni che si qualificano per l’esenzione ai sensi dell’articolo
87 del TUIR non può essere estrapolata, ma concorrerà a determinare la componente
straordinaria di reddito riferibile all’intero complesso aziendale e sarà
assoggettata a tassazione secondo le ordinarie regole previste dall’articolo
86 del TUIR.
Costo fiscale delle partecipazioni
D In passato
è stato chiarito che il costo fiscale delle azioni o quote possedute da una
persona fisica in una società che viene scissa si ripartisce tra le quote della
società stessa e quelle delle beneficiarie della scissione in proporzione al
patrimonio netto contabile che viene trasferito.
Ci si chiede se questa interpretazione valga (come sembra peraltro logico da
un punto di vista di equità e di sistematicità interpretativa) anche quando
il socio è una società di capitali, ed anche quando viene adottata una valutazione
contabile della partecipazione in base al patrimonio netto effettivo trasferito.
R Le operazioni
di scissione, come noto, comportano l’esigenza di attribuire ai soci della
società che si scinde le azioni o le quote delle società beneficiarie dell’apporto.
Ciò posto, con specifico riferimento alla questione della suddivisione del costo
fiscale della predetta partecipazione tra le partecipazioni detenute nelle società
interessate dall’operazione è stato in passato chiarito che il criterio
da seguire è quello di “ripartizione del costo originario in proporzione
al valore netto contabile del patrimonio trasferito alle beneficiarie e di quello
eventualmente rimasto nella scissa” (cfr. circolare 17 maggio 2000,
n. 98/E, par. 7.2.3).
Detta precisazione, che nel documento di prassi citato era stata specificamente
riferita all’ipotesi di soci persone fisiche, presenta portata generale,
nel senso che mantiene intatta la propria validità anche qualora il socio della
società che si scinde sia una società di capitali.
Anche in quest’ultima ipotesi, pertanto, le partecipazioni che detto soggetto
si vedrà attribuire saranno valorizzate, ai fini fiscali, in base alla quota
del costo fiscale della partecipazione originariamente detenuta corrispondente
al valore del patrimonio netto contabile trasferito alla (o alle) beneficiaria(e).
Si ritiene, infine, che operazioni come quelle in esame, eventualmente seguite
dalla cessione delle partecipazioni detenute nelle beneficiarie, vanno attentamente
valutate ai fini dell’applicazione della norma antielusiva di cui all’articolo
37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973.
Pex ed antielusione
D E’ corretto affermare che ad un conferimento effettuato a norma dell’articolo 175 del Tuir seguito da una cessione delle partecipazioni non si applica l’articolo 37-bis del Dpr 600/73, in analogia a quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 176 del Tuir?
R La norma di cui
all’articolo 176, comma 3, del TUIR si applica esclusivamente all’ipotesi
disciplinata dall’articolo 176 del TUIR, e non è applicabile in via analogica
ad altre fattispecie atteso che:
- introduce una norma derogatoria alla disciplina generale antielusiva;
- i presupposti per l’applicazione del regime di participation exemption
alla fattispecie di cui all’articolo 175 (conferimento e successiva
cessione della partecipazione ricevuta) sono diversi da quelli relativi all’articolo
176.
Infatti, ancorché l’art. 175 trova applicazione anche nella particolare
ipotesi di conferimento a valori contabili, ossia senza emersione di plusvalenza,
detto conferimento è considerato, comunque, ai sensi del medesimo articolo,
atto realizzativo e ciò impedisce il subentro, da parte della società conferente,
nel requisito pex del periodo di possesso della partecipazione ricevuta,
relativa all’azienda conferita, a differenza di quanto previsto dall’art.
176.
RIVALUTAZIONI DEI BENI
Rivalutazione - comma 469
D Si può confermare anche per la rivalutazione dei beni d’impresa prevista dal comma 469 dell’articolo unico della legge finanziaria per l’anno 2006 (legge n. 266 del 23 dicembre 2005) che, oltre alla rivalutazione vera e propria (con iscrizione di nuovi valori), è stato riaperto anche il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio (articolo 14 della legge 342 del 2000) con possibilità di riallineare valori civili e fiscali nel caso in cui i primi non fossero riconosciuti ai fini tributari?
R Il riconoscimento
dei maggiori valori iscritti in bilancio costituisce una disciplina speciale
che integra il regime della rivalutazione dei beni di impresa.
Il comma 469 della finanziaria fa riferimento alla rivalutazione dei beni d’impresa
di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342, riaprendone
i termini.
Poiché nell’ambito della sezione II è inclusa anche la disciplina del
riallineamento, si ritiene che anche con riferimento a tale disciplina i termini
siano riaperti.
A conferma della possibilità di riallineare i valori fiscali a quelli civili
può essere invocato anche il disposto del comma 473 che, sia pur con riferimento
alla rivalutazione delle aree fabbricabili, permette l’applicazione, ove
compatibili delle norme di cui agli “articoli da
Rivalutazione - comma 469
D Poiché il maggior valore iscritto in sede di rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita e tenuto conto che tale norma ricorda l’articolo 3 della legge 448 del 2001 che aveva esteso la disposizione originaria della rivalutazione, con una disposizione analoga con riferimento agli effetti (anche se in quel caso la decorrenza scattava dal secondo esercizio), si conferma che si possono riutilizzare i chiarimenti che sono stati forniti nel caso analogo citato e in particolare nella circolare n. 9/E del 30 gennaio 2002?
R Si ritiene di sì.
Versamento imposta sostitutiva
D L’imposta
sostitutiva deve essere versata obbligatoriamente in tre rate annuali, senza
pagamento di interessi, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte
sui redditi, nel seguente modo:
il 10% nel 2006;
il 45% nel 2007;
il 45% nel 2008.
Cosa succede se viene versata immediatamente e non si rispetta l’avverbio
obbligatoriamente?
R Si ritiene possibile
effettuare il versamento dell’imposta sostitutiva per l’affrancamento
del saldo di rivalutazione anche anticipatamente in unica soluzione.
Con il termine obbligatoriamente si è voluto precisare che ordinariamente non
è possibile effettuare il versamento in date successive a quelle previste.
Affrancamento del saldo di rivalutazione - comma 472
D Si confermano
anche a proposito della disposizione in oggetto le risposte fornite nella circolare
n. 33 del 15 luglio 2005 con riferimento a:
- riserve affrancate e presunzione assoluta di distribuzione di cui all’articolo
47 comma 1 ultimo periodo del Tuir;
- tassazione in capo ai soci delle somme distribuite secondo le regole
ordinarie di tassazione dei dividendi;
- regole per gli affrancamenti delle società di persone.
R Sì, si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni sull’affrancamento delle riserve
e dei fondi in sospensione d’imposta contenute nell’articolo 1,
commi 475, 477 e 478, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. (cfr. circ. 15 luglio
2005, n. 33/E).
Il richiamo alla disposizione contenuta al comma 475 della legge 311/2004, fa
sì che la riserva costituita in seguito alla rivalutazione effettuata in base
alla Finanziaria 2006, qualora affrancata, risulti liberamente distribuibile
e non concorra a formare il reddito imponibile del soggetto che procede alla
distribuzione medesima.
Il medesimo comma 475 dispone che la distribuzione del saldo attivo di rivalutazione
non consente di fruire del credito di imposta pari all’imposta sostitutiva
assolta al momento della rivalutazione.
Va altresì osservato che poiché le riserve, una volta affrancate, confluiranno
tra quelle di utili, in caso di distribuzione delle riserve medesime il socio
tasserà l’importo percepito secondo le regole ordinariamente previste
per i dividendi. Conseguentemente:
- se il socio è una persona fisica e la partecipazione è detenuta al di fuori
di un’attività d’impresa il dividendo concorrerà, in misura pari
al 40 per cento del suo ammontare, alla formazione del reddito complessivo del
socio in caso di partecipazione qualificata ovvero verrà assoggettato alla ritenuta
a titolo d’imposta del 12,5 per cento se la partecipazione non è qualificata;
- se il socio è una persona fisica e la partecipazione è detenuta nell’ambito
di un’attività d’impresa il dividendo concorrerà alla formazione
del reddito d’impresa del socio in misura pari al 40 per cento del suo
ammontare;
- se il socio è un soggetto Ires il dividendo concorrerà alla formazione del
reddito in misura pari al 5 per cento del suo ammontare.
Va altresì evidenziato che confluendo le riserve affrancate tra quelle di utili,
in caso di distribuzione troverà applicazione anche per tali riserve la presunzione
di cui all’ articolo 47, comma 1, del Tuir di prioritaria distribuzione
delle riserve di utili rispetto alle riserve di capitali (la citata presunzione
non opera, invece, per espressa previsione normativa, per le riserve in sospensione
d’imposta).
In forza del richiamo operato dalla Finanziaria 2006 al comma 477 dell’articolo
1 della legge Finanziaria 2005, consegue che l’imposta sostitutiva pagata
in sede di affrancamento del saldo di rivalutazione è indeducibile e può essere
imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto.
Il medesimo comma 477 prevede altresì che se l’imposta sostitutiva è imputata
al capitale sociale, la riduzione del capitale sociale è operata, anche in deroga
all’art. 2365 c.c. (il quale disciplina la convocazione dell’assemblea
straordinaria), con le modalità di cui all’art. 2445, secondo comma, del
medesimo codice secondo cui “l’avviso di convocazione dell’assemblea
deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. La riduzione deve comunque
effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute
dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale”.
Viene infine previsto che per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione,
i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste
per le imposte sui redditi (comma 478 dell’articolo 1 della Finanziaria
2005).
Affrancamento del saldo di rivalutazione - comma 472
D Letteralmente
la disposizione normativa consente solo l’affrancamento del saldo di rivalutazione
derivante dall’applicazione della disposizione “di cui al comma
Poiché però nel comma 469 vi è il richiamo alla legge 342 del 2000 vi potrebbe
essere una lettura estensiva che consente di applicare questa disposizione anche
in relazione a saldi di rivalutazione derivanti da precedenti applicazioni della
legge 342/2000? In tal modo sarebbe forse possibile affrancare anche le riserve
derivanti dall’applicazione del comma 473.
R No, la norma non
prevede la possibilità di una riapertura delle disposizioni concernenti l’affrancamento
dei fondi e delle riserve previsto dalla legge 311 del 2004, e consente il solo
affrancamento del saldo di rivalutazione derivante dalla rivalutazione dei beni
d’impresa prevista dalla Finanziaria per il 2006.
Tale possibilità é espressamente previsto dal comma 472 che richiama esclusivamente
il saldo di rivalutazione risultante dall’applicazione del comma 469 e
non anche quello derivante dalla rivalutazione delle aree fabbricabili prevista
dal comma 473.
Affrancamento del saldo di rivalutazione - comma 472
D Nella norma
non vi è una indicazione della decorrenza degli effetti dell’affrancamento.
Con riferimento alla normativa prevista dalla legge 311 del 2004 la circolare
33 del 2005 aveva chiarito che coloro che “abbiano effettuato il pagamento
dell’imposta sostitutiva nel termine … potranno escludere dal concorso
alla formazione del reddito le distribuzioni delle riserve in questione, deliberate
a decorrere dal 1 gennaio
Estendendo questa regola anche alla nostra fattispecie arriveremmo alla seguente
situazione: a fronte di una rivalutazione dell’attivo che ha una efficacia
posticipata si avrebbe una quota di patrimonio netto che, dal punto di vista
fiscale, otterrebbe immediatamente gli effetti dell’affrancamento e quindi
sarebbe subito distribuibile.
E’ corretto questo ragionamento?
R Si ritiene di sì, dal momento che le norme nulla dicono in merito ad eventuali differenti decorrenze degli effetti.
Rivalutazione del diritto di superficie
D Il titolare del diritto di superficie può effettuare la rivalutazione?
R
Si ritiene, pertanto, che in caso di bene oggetto di un diritto di superficie
la facoltà di rivalutazione spetti, qualora il bene sia comunque relativo all’impresa,
al titolare di tale diritto reale.
AVVIAMENTO, LEASING E VARIE
Misura dell’ammortamento dell’avviamento per il 2005
D Per il periodo d’imposta in corso al 3 dicembre 2005, le quote di ammortamento del valore dell’avviamento sono deducibili nella misura di un ventesimo (articolo 5-bis D.L. n. 203/05), oppure nella misura di un diciottesimo (articolo 1, comma 521, legge n. 266/05)?
R L’articolo
5-bis del decreto legge n. 203 del
Successivamente, l’articolo 1, comma 521, della legge Finanziaria
La prima modifica trova applicazione a partire dal periodo d’imposta in
corso al 3 dicembre 2005 (data di entrata in vigore della legge di conversione),
mentre il comma 521 della legge Finanziaria 2006 entra in vigore il primo gennaio
2006, senza alcuna precisazione in ordine al periodo d’imposta in cui
tale modifica si rende efficace.
Al riguardo, si ritiene che la nuova misura di deducibilità dell’avviamento
introdotta dalla legge Finanziaria 2006 trovi applicazione a decorrere dal periodo
d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione
del decreto legge n. 203 del 2005 (3 dicembre 2005).
A sostegno di ciò, si evidenzia che l’articolo 4 del citato decreto legge
n. 203, prevede che “in anticipazione del disegno di perequazione delle
basi imponibili contenuto nella legge finanziaria per l’anno 2006, operano
le disposizioni del presente titolo”.
Da tale norma emerge, infatti, la volontà legislativa di far operare da subito
norme destinate a trovare spazio nella Finanziaria.
Pertanto, appare coerente far decorrere la modifica introdotta dalla Finanziaria
2006 dalla stessa data in cui avrebbe operato la disposizione “anticipatrice”
della Finanziaria stessa.
Ad ulteriore sostegno di tale tesi, si rileva che il legislatore, richiamando
nella disposizione della Finanziaria 2006 l’articolo 5-bis del
decreto legge n. 203 del
La modifica normativa introdotta dalla Finanziaria 2006, come sopra evidenziato,
trova applicazione a partire dal periodo d’imposta 2005 e, per espressa
previsione del comma 2 dell’articolo 5-bis del decreto legge n.
203 del 2005, anche con riferimento alle residue quote di ammortamento del costo
sostenuto per l’avviamento in periodi d’imposta precedenti al 2005
e non ancora completamente ammortizzato.
Pertanto, i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno
solare (a partire dall’esercizio 2005) dovranno determinare le quote di
ammortamento del valore dell’avviamento nel rispetto dei nuovi limiti
massimi, applicando al costo originario la nuova percentuale (5, 56 per cento),
senza rideterminare le quote di ammortamento in un lasso temporale di diciotto
esercizi.
Si riporta nella tabella che segue un esempio riferibile ad un impresa, con
periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, che ha sostenuto
un costo di 10.000 per acquisire un avviamento nel 1997.
Costo sostenuto Periodo d’imposta Aliquota Quota di ammortamento
10.000 1997 1/5 (20%) 2.000
1998 1/10 (10%) 1.000
1999 1/10 1.000
2000 1/10 1.000
2001 1/10 1.000
2002 1/10 1.000
2003 1/10 1.000
2004 1/10 1.000
2005 1/18 (5,56%) 556
2006 1/18 (residuo) 444
Leasing immobiliare
D Una società
di leasing ha stipulato in data 30 novembre 2005 un contratto con la società
Alfa utilizzatrice dell’immobile, senza esserne proprietaria, ma essendo
soltanto promissoria acquirente.
Il contratto in esame rientra nella precedente o nella nuova normativa?
R Come stabilito
dal comma 2 dell’art. 5-ter del d. l. 203/2005, le nuove regole
sulla deducibilità dei canoni di locazione finanziaria su beni immobili si applicano
avendo riguardo alla data di stipula del contratto di leasing.
Al contratto preso in considerazione è, pertanto, applicabile la normativa vigente
anteriormente alle modifiche recate dalla citata disposizione essendo del tutto
irrilevante a tali fini la circostanza che la società di leasing si sia obbligata
con un contratto di locazione finanziaria relativamente ad un bene del quale
non era ancora proprietaria.
Leasing immobiliare
D Una società
di leasing nel mese di settembre 2005 è divenuta proprietaria di un’area
edificabile e contemporaneamente ha stipulato un contratto di leasing con una
impresa utilizzatrice avente per oggetto uno opificio industriale.
L’immobile verrà consegnato alla locataria nel mese di giugno
R Come stabilito
dal comma 2 dell’art. 5-ter del d.l. 203/2005, le nuove regole
sulla deducibilità dei canoni di locazione finanziaria su beni immobili si applicano
ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della
legge di conversione del decreto che reca la predetta norma, vale a dire ai
contratti stipulati dal 4 dicembre 2005, data successiva a quella di entrata
in vigore della legge che ha convertito tale decreto.
Ai fini della individuazione della data di stipula del contratto di locazione
finanziaria occorrerà dare rilievo a quelle vicende giuridiche che consentano
di ritenere definitivamente intervenuto ad una data certa l’accordo di
locazione finanziaria.
Si ritiene pertanto che anche nell’ambito del “leasing appalto”
rilevi il momento della stipula del contratto, nel quale viene individuata l’opera
che il locatore deve realizzare e stabilite le condizioni del leasing, restando
in tal modo ininfluenti le vicende relative alla decorrenza del contratto e,
pertanto, alla consegna dell’opera medesima.
Ammortamento dei beni materiali per l’esercizio di alcune attività regolate
D L’articolo
11-quater del decreto legge 30 settembre 2005 n. 203, convertito con modificazioni
dalla legge 2 dicembre 2005 n.
In base a tale nuova disciplina le quote di ammortamento relative ai predetti
beni sono deducibili in misura non superiore a quella che si ottiene dividendo
il costo dei beni stessi per le rispettive vite utili, come determinate dall’Autorità
per l’Energia Elettrica ed il Gas ai fini tariffari.
Per i costi incrementativi capitalizzati successivamente all’entrata in
funzione del bene le quote di ammortamento sono determinate in base alla vita
utile residua dei beni.
L’articolo 1, comma 325 della legge finanziaria ha trasformato la nuova
disciplina, originariamente transitoria, in una disciplina a regime, (nuovo
art. 102-bis del TUIR).
In particolare, è disposto che le quote di ammortamento del costo dei beni “sono
deducibili in misura non superiore a quella che si ottiene dividendo il costo
dei beni per le rispettive vite utili, così come determinate ai fini tariffari
dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, e riducendo il
risultato del 20 per cento”.
La predetta riduzione del 20 per cento, è stata altresì aggiunta, dal successivo
comma 522, al comma 2, dell’art. 11-quater del decreto legge 30 settembre
2005 n. 203.
In riferimento alla modifica apportata dalla legge finanziaria all’articolo
11-quater del decreto legge 30 settembre 2005 n. 203, si chiede di confermare
che la riduzione del 20 per cento non è applicabile retroattivamente all’esercizio
chiuso al 31 dicembre 2005 e quindi ha efficacia solamente per i soggetti con
periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare.
Con riferimento alla riduzione del 20%, si chiede conferma, altresì, che la
stessa non si applica alle quote di ammortamento dei costi incrementativi.
R Come emerge dal
quesito, la legge Finanziaria per il
Risulta chiara la volontà del legislatore di dare alla prima modifica effetto
già dal periodo d’imposta 2005 considerato che lo stesso è intervenuto
all’interno del decreto legge originario e per il fatto che, diversamente
e senza alcuna ratio, la norma avrebbe efficacia solo nella remota ipotesi
di contribuenti con periodi di imposta non coincidenti con l’anno solare.
In relazione al secondo quesito si ritiene che la riduzione del 20 per cento
operi anche in relazione alle quote di ammortamento dei costi incrementativi
atteso che il comma 2 dell’articolo 11–quater che disciplina
il calcolo delle quote di ammortamento deve trovare applicazione anche in relazione
al calcolo delle quote di ammortamento dei costi incrementativi dei beni di
cui al comma 9 del medesimo articolo.
RIVALUTAZIONE PARTECIPAZIONI E TERRENI
Rivalutazione del diritto di usufrutto
D L’usufruttuario
del terreno o delle partecipazioni societarie ha titolo per rideterminare il
valore del proprio diritto sui beni assolvendo l’imposta sostitutiva sul
valore ad esso attribuibile in base ai coefficienti in materia di imposta di
registro (articolo 11-quaterdecies, comma 4, D.L. n. 203/05- Agenzia delle Entrate
circolare n. 27/E del 9 maggio 2003).
In caso di decesso dell’usufruttuario, l’affrancamento è usufruibile
dagli eredi?
R Occorre chiarire
che, ai sensi dell’articolo 979, comma 1, del C.C., la durata dell’usufrutto
non può eccedere la vita dell’usufruttuario.
Pertanto un soggetto che eredita una partecipazione o un terreno non può assumere
come costo del terreno o della partecipazione il valore rideterminato del diritto
di usufrutto, perché gli stessi beni sono acquisiti a titolo di piena proprietà
per effetto del principio di riespansione del diritto di proprietà che avviene
automaticamente con l’estinzione dell’usufrutto.
Perizie per la rivalutazione
D Le perizie per la rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni, con riferimento ai valori alla data del 1° gennaio 2005, possono essere redatte ed asseverate dai periti regolarmente iscritti alle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, ai sensi del testo unico di cui al regio decreto 20 settembre1934, n. 2011?
R Si, come chiarito
nella circolare n. 16/E del 22 aprile 2005, la platea dei soggetti abilitati
alla redazione delle perizie giurate di stima del valore delle partecipazioni
e dei terreni è stata ampliata dall’articolo 1, comma 428, della legge
n. 311 del 2004.
Pertanto, anche i periti iscritti alle Camere di Commercio sono abilitati alla
redazione delle perizie.
IMMOBILI DELLE IMPRESE
Immobili delle imprese
D Una società
immobiliare, proprietaria di fabbricati abitativi concessi in locazione, può
detrarre gli interessi passivi pagati sui mutui contratti per l’acquisizione
degli immobili e gli interessi passivi pagati su conti correnti ordinari?
Sono ancora valide le precisazioni fornite con le risoluzioni ministeriali n.
9/2089 e 9/903 del
R Il secondo comma
dell’art. 90 del Tuir prevede l’indeducibilità delle spese e degli
altri componenti negativi relativi ai beni immobili “patrimoniali”.
Tale disposizione ha carattere speciale e derogatorio rispetto al principio
generale di inerenza dei componenti negativi di reddito e contiene un divieto
assoluto di deducibilità di tutti i componenti negativi relativi agli immobili,
compresi gli interessi passivi ad essi relativi, siano essi di funzionamento
o di finanziamento.
AGRICOLTURA
Persone fisiche
D La detrazione fiscale, in presenza di spese sostenute per la tutela e salvaguardia dei boschi, di cui all’articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, prorogata al 31 dicembre 2006 dal comma 117 della legge n. 266/05, in quale misura spetta (36% o 41%)?
R L’articolo
1, comma 117, della legge n. 266/2005, proroga per l’anno 2006 l’agevolazione
prevista dall’art. 19, comma 3, della legge n. 289 del 2002 per la manutenzione
e salvaguardia dei boschi, stabilito nell’ambito delle misure di tutela
ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto idrogeologico.
Si fa presente in proposito che la norma agevolativa è stata introdotta dall’art.
9, comma 6, della legge n. 448/2001, che ha esteso la detrazione d’imposta
del 36% prevista per le ristrutturazioni edilizie dall’articolo 1, della
legge n. 449/1997, anche agli interventi di manutenzione e salvaguardia dei
boschi.
Successivamente l’agevolazione in esame, disposta inizialmente per la
sola annualità 2002, è stata prorogata fino al periodo d’imposta 2005,
dall’articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (da ultimo
modificato dall’art. 1 della legge n. 311/2004) ma con l’indicazione
del limite massimo di spesa di 100.000 euro su cui calcolare la detrazione.
La detrazione relativa alla manutenzione dei boschi e quelle concernenti gli
interventi di recupero del patrimonio edilizio, pertanto, pur avendo una matrice
comune (art .1 legge n. 449/97), hanno acquistato, attraverso l’evoluzione
normativa, reciproca autonomia, tanto che attualmente sono disciplinati in maniera
differente in ordine al limite massimo di spesa sul quale calcolare la detrazione.
Tale differenziazione si ritiene che sussista anche per quanto concerne la misura
della detrazione spettante.
L’aumento della detrazione dal 36% al 41% per il 2006, è previsto, infatti,
dal solo comma 121 relativo alle spese di ristrutturazione edilizia, in quanto
è inteso a compensare la mancata proroga della previsione di applicabilità dell’aliquota
IVA del 10% per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio.
Il comma
Pertanto tale detrazione rimane fissata, come lo scorso anno, al 36%, da calcolare
sull’importo massimo di spesa di euro 100.000.
Si rammenta che le modalità procedurali da seguire per il riconoscimento del
beneficio relativo alla manutenzione e salvaguardia dei boschi, nonché le cause
di decadenza, sono state individuate con il decreto n. 124 del 19 aprile 2002,
mentre per quanto concerne l’individuazione degli interventi agevolabili
deve farsi riferimento alle legge regionali o, in mancanza, alla normativa statale.
Produzione di energia elettrica
D La produzione
di energia elettrica rientra tra le attività agricole connesse di cui all’articolo
2135 del codice civile ed anche nel reddito agrario (articolo 1, comma 423 della
legge n. 266/05).
La disposizione supera il dettato normativo di cui all’articolo 32, lettera
c), del Tuir, secondo il quale, la tassazione in base al reddito fondiario si
applica se le predette attività connesse sono individuate con apposito decreto
ministeriale?
Quindi la produzione di energia elettrica rientra comunque nel reddito agrario?
R L’articolo
1, comma 423, della legge finanziaria 2006 stabilisce che “la produzione
e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate
dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo
2135, comma 3, del Codice civile, e si considerano produttive di reddito agrario”.
Al di là delle perplessità che, sul piano civilistico, possono sorgere in merito
alla configurabilità dell’attività in questione fra le attività agricole
connesse di fornitura di beni e servizi svolte “mediante l’utilizzazione
prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate
nell’attività agricola esercitata”, si rileva che il tenore
letterale della disposizione in esame fa inequivocabilmente rientrare i relativi
redditi fra i redditi agrari stimati catastalmente.
Con la norma in questione il legislatore ha ritenuto di assoggettare i redditi
relativi alle attività di produzione di energia elettrica al regime dei redditi
agrari, superando, limitatamente a questa tipologia di attività, le disposizioni
generali relative alla tassazione dei redditi ottenuti dalle attività di fornitura
di beni sopra citate.
In base alle disposizioni derogate i redditi prodotti dalle attività di fornitura
di beni o di fornitura di servizi sono soggetti rispettivamente alla disciplina
dei redditi d’impresa:
- determinati analiticamente ai sensi dell’articolo 56 del TUIR;
- assoggettabili al regime forfetario di cui all’articolo 56-bis,
comma 3, del TUIR stesso.
Si osserva, infine, che la norma approvata non ha alcun impatto con la disposizione
di cui all’articolo 32, comma 2, lettera c), del TUIR che assegna ad un
decreto ministeriale l’onere di definire le attività di “manipolazione,
conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione”
di prodotti agricoli di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice
civile che siano soggette al regime dei redditi agrari; infatti l’attività
in questione di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali
non rientra in detta tipologia di attività.
IL NUOVO BILANCIO
Disinquinamento pregresso
D L’Assonime,
nella circolare n. 69 del 23 dicembre
La circolare, poi, ipotizza la possibilità di effettuare il disinquinamento
anche in bilanci successivi a quello di prima applicazione delle nuove regole,
dal momento che, fiscalmente, nulla cambia; questo, potrebbe accadere anche
a causa delle incertezze operative in ordine all’applicazione della disciplina
di neutralità fiscale.
Non entrando nel merito circa la correttezza civilistica di tali affermazioni
e limitando il quesito alla sola parte fiscale, si chiede se l’Agenzia
condivide tale impostazione, non frapponendo ostacoli di carattere fiscale alla
stessa.
R In questa sede
si prescinde da valutazioni civilistiche in ordine alla correttezza di un bilancio
che non è stato depurato dalle interferenze fiscali, pure in presenza di un
inquinamento pregresso segnalato in nota integrativa.
Si ritiene che dal punto di vista fiscale possa riconoscersi l’applicazione
del regime di neutralità, previsto dall’art. 4, comma 1, lett. h) del
decreto legislativo n. 344 del 2003, alla eliminazione delle interferenza fiscali
anche in un bilancio successivo al primo in cui ha trovato applicazione la nuova
disciplina, a condizione, ovviamente, che le interferenze fiscali emergano dalle
risultanze della nota integrativa.
REDDITO D’IMPRESA
Società di comodo: rilevanza degli utili e delle plusvalenze parzialmente imponibili
D Alla richiesta
della Commissione Finanze di confermare – in sede di correttivo Ires –
la rilevanza delle partecipazioni esenti ai fini dell'applicazione del regime
delle società di comodo (VI Commissione finanze, punto 2, lettera c) il Governo
ha risposto che «non si è ritenuto opportuno apportare delle modifiche normative
in quanto sufficiente un intervento di carattere interpretativo da parte dell'Agenzia
delle entrate».
Pare quindi giunto il momento che l’Agenzia si pronunci ufficialmente.
R Le partecipazioni
in possesso dei requisiti di cui all’articolo 87 del TUIR, per ragioni
di ordine logico e sistematico, debbono essere annoverate tra quelle che concorrono
alla verifica dell’operatività, ai sensi dell’articolo 30 della
legge n. 724 del 19941.
Si ricorda, peraltro, che nelle istruzioni per la compilazione del prospetto
per la verifica dell’operatività e per la determinazione del reddito imponibile
minimo dei soggetti non operativi, contenuto nel quadro RF del modello Unico
delle società di capitali, è precisato che ai fini dell’adeguamento del
reddito da dichiarare, “tenuto conto che la normativa in esame non
implica il venir meno delle agevolazioni fiscali previste da specifiche disposizioni
di legge”, i soggetti interessati devono procedere al raffronto tra
il reddito imponibile minimo e quello dichiarato “aumentato degli importi
che non concorrono a formare il reddito imponibile per effetto di tali disposizioni”.
Tra questi ultimi rientrano tra gli altri anche:
- i dividendi che fruiscono della detassazione di cui all’articolo 89
del TUIR, che devono essere considerati al lordo della quota non imponibile;
- le plusvalenze che, ai sensi dell’articolo 87 del TUIR, non hanno concorso
a formare la base imponibile (nelle diverse percentuali, a seconda del momento
del realizzo), che rilevano per il loro intero ammontare.
Interessi obbligazionari percepiti da esercenti imprese commerciali
D Gli interessi obbligazionari percepiti da esercenti imprese commerciali sono soggette ai limiti di tasso di rendimento effettivo di cui all’articolo 26, comma 1 del Dpr 600/73 e all’articolo 3, comma 115, della legge 549 del 1995?
R Le società o gli enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate nei mercati regolamentati italiani, che emettono obbligazioni o titoli similari, applicano una ritenuta del 12,50% sugli interessi derivanti da tali titoli, a condizione che, al momento dell’emissione, il tasso di rendimento effettivo non superi i limiti individuati dall’articolo 26, comma 1, del DPR n. 600 del 1973. Il soggetto emittente, quindi, verifica l’aliquota d’imposta da applicare agli interessi corrisposti indipendentemente dal fatto che gli stessi siano tassati in capo al percettore a titolo d’acconto o a titolo definitivo.
Riporto delle perdite della società incorporata
D L’articolo
172, comma 7, del TUIR dispone che: “se le azioni…della società
la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante …la
perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell’ammontare
complessivo della svalutazione di tali azioni…effettuata ai fini della
determinazione del reddito dalla società partecipante”.
Si chiede – ai fini dell’eventuale applicabilità dell’articolo
37-bis, comma 8 del DPR 600/73 – se la norma citata abbia portata antielusiva,
considerato che la relazione ministeriale al d.l. 2 marzo 1989 n. 69 convertito
nella legge 27 aprile 1989 n. 154 chiarisce che con la disposizione in discorso
“si è ritenuto di colpire il fenomeno elusivo consentito dalla vigente
normativa e consistente nel fatto che, in considerazione delle perdite di esercizio
conseguite da una determinata società in cui si abbia una partecipazione, è
possibile dapprima svalutare le azioni e quote di detta società possedute e,
successivamente, una volta effettuata la incorporazione o fusione portare in
deduzione le stesse perdite ai fini della determinazione del reddito della società
derivante dalla fusione o incorporazione."
R La norma richiamata
intende impedire il riporto delle perdite delle società fuse o incorporate quando
le stesse perdite sono già state prese a riferimento per la rilevazione di minusvalenze
deducibili.
Ciò tanto nell’ipotesi in cui la minusvalenza sia stata dedotta dalla
società incorporante ovvero da altra società partecipante alla fusione quanto
nell’ipotesi in cui la minusvalenza sia stata dedotta da un’impresa
terza che ha poi ceduto le azioni a una delle società partecipanti alla fusione,
dopo l’esercizio cui si riferisce la perdita.
Anche in considerazione della formulazione della norma de qua ( “…la
perdita non è comunque ammessa…”),
si ritiene che la stessa non sia suscettibile di disapplicazione in quanto volta
non a contrastare un’azione elusiva ma ad impedire una doppia deduzione
della stessa perdita, una prima volta attraverso la deduzione della minusvalenza
da parte del titolare della partecipazione, una seconda a seguito del riporto
della perdita nell’operazione di fusione.
CORRETTIVO IRES
Riporto delle perdite delle società di capitali trasformate
D La risoluzione
60/E del 16 maggio 2005 afferma in modo esplicito che, viste le analoghe disposizioni
in tema di trasparenza, le perdite riportabili al momento della trasformazione
di una società di capitali in società di persone sono utilizzabili per compensare
i redditi prodotti dal nuovo soggetto, che pertanto attribuirà ai soci i nuovi
redditi, al netto del riporto delle proprie perdite.
Data la novità dell’interpretazione, sotto scadenza della precedente dichiarazione
dei redditi, ci si è arrangiati con una generica variazione in diminuzione,
confidando che il prossimo modello Unico contenga una esplicita indicazione
al riguardo.
I nuovi modelli conterranno una apposita sezione per questa evidenza?
R In mancanza di
una esplicita indicazione nel modello Unico società di persone 2005 –
redditi 2004 che tenga conto dell’interpretazione fornita dalla citata
risoluzione n. 60/E del 2005, si ritiene condivisibile effettuare una variazione
in diminuzione nel quadro RF (rigo RF 44 – altre variazioni in diminuzione)
per utilizzare le perdite di periodi d’imposta precedenti, dichiarate
da una società di capitali prima della trasformazione in società di persone.
Si conferma, in ogni caso, che il modello Unico società di persone 2006 –
redditi 2005 di prossima approvazione sarà opportunamente aggiornato.
IMMOBILI
Ambito oggettivo
D La legge parla
di atti concernenti “abitazioni” e “relative pertinenze”;
si domanda:
a) è possibile assumere come base imponibile il valore catastale (e non il prezzo
dichiarato) per il contratto di compravendita con il quale si acquisti solamente
una pertinenza (e non anche un’abitazione), essendo l’acquirente
già proprietaria di un’abitazione;
b) ci sono limiti “numerici” alle pertinenze acquistabili?
c) ci sono limiti “qualitativi” alle pertinenze o la norma in
esame, non ponendo limiti, può applicarsi a qualsiasi tipologia di pertinenza,
quali giardini, chiesetta della villa di campagna, ricovero attrezzi?
R a) Considerato
che la norma in questione, che espressamente richiama le pertinenze, non prevede
esplicite limitazioni al riguardo, si ritiene che sia possibile applicare anche
all’acquisto separato della sola pertinenza dell’abitazione il disposto
di cui al comma 497 della finanziaria sempreché, naturalmente, risulti nell’atto
di acquisto la destinazione pertinenziale dell’immobile.
R b) Anche in questo caso si deve ritenere che dal tenore letterale della
norma non emergano limitazioni quantitative all’acquisto di immobili con
destinazione pertinenziale.
Pertanto, il nuovo regime opzionale di determinazione della base imponibile
ai fini delle imposte di registro, catastali ed ipotecarie, potrà essere applicato
a tutti gli atti di cessione di immobili pertinenziali salvo naturalmente che
tale destinazione risulti dall’atto di acquisto.
R c) La risposta a quest’ultimo quesito trova fondamento nella
definizione stessa di pertinenza quale risulta dal codice civile (articolo 817).
Il rapporto pertinenziale tra due beni ricorre in presenza di un requisito oggettivo,
consistente nella destinazione durevole e funzionale di un immobile a servizio
o ad ornamento di un altro di maggiore importanza (c.d. bene principale) per
il miglior uso di quest’ultimo, e di un requisito soggettivo ossia la
volontà del proprietario della cosa principale o di chi sia titolare di un diritto
reale sulla medesima, diretta a porre la pertinenza in un rapporto di strumentalità
funzionale con la cosa principale.
Va da se che presupposto indefettibile per l’applicazione della norma
è che si tratti comunque di pertinenze di natura immobiliare.
Ambito oggettivo
D Quando la legge parla di “abitazione” si riferisce a beni che siano formalmente tali in catasto oppure rileva l’uso effettivo dell’immobile?
R La norma di cui
al comma 497 si applica unicamente agli immobili ad uso abitativo e relative
pertinenze e, pertanto, ai soli fabbricati censiti nel catasto dei fabbricati
nella tipologia abitativa.
Rimangono esclusi dal campo di applicazione della norma gli immobili che, pur
avendo i requisiti di fatto per essere destinati ad uso abitativo, sono iscritti
in una categoria catastale diversa (ad esempio fabbricati accatastati come uffici
o negozi).
Determinazione della plusvalenza – rivalutazione ISTAT
D La rivalutazione ISTAT di cui all’articolo 68, comma 2, del Tuir concerne sia il costo d’acquisto che ogni altro costo, oppure solo il costo d’acquisto?
R Rispondendo a
questa domanda bisogna evidenziare che il tema trattato non riguarda espressamente
le novità della finanziaria ma alcuni aspetti legati alla determinazione della
plusvalenza.
L’articolo 68 del Tuir dispone che la plusvalenza realizzata dalla cessione
di un terreno suscettibile di destinazione edificatoria è data dalla differenza
tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo d’acquisto
aumentato di ogni altro costo inerente.
Il comma 2 dello stesso articolo 68 prevede inoltre che sia il costo d’acquisto
che i costi inerenti debbano essere rivalutati in base alla variazione dell’indice
dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Pertanto, anche
i costi inerenti possono essere rivalutati.
Determinazione della plusvalenza – rivalutazione ISTAT
D Il valore delle aree edificabili aggiornato ai sensi delle diverse norme che ne hanno consentito la rivalutazione, può a sua volta essere oggetto di rivalutazione con gli indici ISTAT?
R Anche questa domanda
non concerne nello specifico la trattazione delle problematiche legate alle
nuove disposizioni introdotte dalla legge finanziaria.
Comunque appare chiaro che la circostanza di aver provveduto alla rivalutazione
dei terreni non sia di impedimento all’applicazione della rivalutazione
secondo l’indice Istat per il periodo intercorrente tra la data considerata
ai fini della rivalutazione (ad esempio 1 gennaio 2005 per le rivalutazioni
effettuate ai sensi dell’art. 11-quaterdecies, comma 4, del decreto
legge 203 del 2005) e quello della successiva cessione.
Area edificabile acquisita per successione o donazione
D In caso di acquisto di un’area edificabile mediante successione o donazione, il valore d’acquisto può essere rivalutato con gli indici Istat?
R In proposito si fa presente che, come chiarito dall’agenzia delle Entrate con circolare n. 81 del 2002, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale del 9 luglio 2002, n. 328 (G.U. 1a serie speciale n. 28 del 17 luglio 2002), è possibile rivalutare sulla base della variazione dell'indice ISTAT il valore iniziale dei terreni acquisiti per successione o donazione, indicato nelle relative denunce o atti registrati, da assumere quale termine di raffronto per determinare la plusvalenza tassabile.
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