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Commento dell'Avv. Giuseppe Polito, componente il Comitato scientifico di www.init-italia.it, alla Circolare del Ministero del lavoro sul lavoro intermittente del 2 febbraio 2005.

 

LAVORO INTERMITTENTE (o “a chiamata” o “job on call”)

La Circolare del Ministero del Lavoro del 2.2.u.s. sul lavoro intermittente (o “a chiamata” o “job on call”) ci offre il destro di illustrare a grandi linee l’assetto di questa nuova ed insolita figura contrattuale che, per quanto risulti a chi scrive, ancora non si è concretamente affacciata sul mercato.

In cosa consiste questa nuova opportunità offerta dal Legislatore? Nella possibilità per il datore di “chiamare” un lavoratore a svolgere una attività solo allorché se ne presenti la effettiva necessità e per il tempo strettamente necessario a soddisfarla.

Ovviamente questa opportunità è stata circondata (apparentemente: sul punto v. in chiusura) da una serie di limiti, garanzie e tutele per evitare che si trasformi in forma di abuso e sfruttamento.

Vediamo gli elementi peculiari ed essenziali di tale tipologia:

Ulteriori aspetti rilevanti da segnalare:

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Come avrete rilevato un istituto nuovo, estremamente flessibile che potrà trovare un certo interesse, ritengo, soprattutto nei settori giovanili.

L’idea non era peraltro del tutto inedita nel ns. Paese in quanto nel lontano 2000 la Elettrolux-Zanussi tentò di introdurre tale figura contrattuale nelle proprie aziende raggiungendo anche un Accordo con una parte consistente delle OO.SS. (CISL; UIL) e con le R.S.A.: ma tale soluzione venne respinta da un referendum tra i lavoratori.

Trattavasi però di una ipotesi sensibilmente diversa da quella ora vigente che sotto molti aspetti appare più libera e flessibile rispetto a quella ipotizzata in via sperimentale dalla Elettrolux-Zanussi.

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Quali le novità introdotte dalla Circolare Ministeriale del 2 febbraio scorso rispetto alla Legge?

Ritornando ad uno dei punti nodali della Circolare, la indennità di disponibilità, il Ministero precisa anche che:

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Il quesito che a questo punto deve porsi l’interprete è però il seguente: quale tipo di sanzione dovrà sancire le ipotesi di contratti in violazione della Legge? Vogliamo riferirci in particolare alla stipula di contratti in casi non consentiti (art. 34, co. 1 e 2) o addirittura vietati dalla Legge, atteso che per altre ipotesi di violazioni minori supplirebbe comunque il principio ex art. 1419 cod. civ, II° co. (sostituzione delle clausole nulle con le corrispondenti norme di Legge).

Ovviamente il quesito non riguarda nemmeno le ipotesi di contratti “simulati” posti in essere in frode alla Legge in quanto, in tali casi, la sanzione sarebbe la declaratoria di vigenza del contratto dissimulato (art. 1414, II° co., C.C.).

La risposta al quesito non è agevole in quanto manca nel D.Lgs. 276 una qualsivoglia sanzione in via contrattuale o amministrativa o penale per tali gravi, ontologiche violazioni; inspiegabile e grave omissione, visto anche il diverso atteggiamento assunto dal Legislatore per altre figure contrattuali previste nel medesimo D.Lgs. (v. ad es. l’art. 21, co. 4, per il contratto di somministrazione o l’art. 69, co 1, per i contratto di co.co.co. non “ a progetto” che prevedono la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato; v. anche le sanzioni amministrative e penali ex artt. 19 e 18).

Non è luogo questo per un approfondimento Dottrinario; per chi scrive la inevitabile conseguenza di tale omissione è la possibilità di una semplice declaratoria di nullità del contratto ex art. 1418, I° co., C.C. con applicazione conseguente del principio ex art. 2126 C.C. (conservazione degli effetti già realizzatisi). Non ci sembra infatti sostenibile una tesi che proponga la trasformazione del contratto anche in questo caso, in carenza assoluta di elementi testuali e di sistema che autorizzino tale soluzione.

Siamo quindi costretti a giungere alla conclusione che sostanzialmente non vi sia una effettiva e reale sanzione per chi stipuli contratti in ipotesi non consentite o addirittura vietate dalla Legge o dal CCNL. Egli infatti non rischierebbe altro se non il loro annullamento senza ulteriori pregiudizi di sorta.

Avv. Giuseppe Polito