Dettaglio parere dell'Avv. Maurizio Villani in materia fiscale e tributaria
13/01/2004
Credito di imposta per assunzione dipendente.
Quesito
Un datore di lavoro usufruisce di un credito di imposta per assunzione dipendente (dieci milioni di lire) dall'ufficio di Pescara nel 1998.
Nel luglio 1999 la dipendente comunica le dimissioni con raccomandata A.R.
Il datore di lavoro comunica all'ufficio di collocamento le dimissioni della dipendente e contestualmente chiede all'ufficio stesso una nuova assunzione.
L'ufficio non risponderà mai.
Nel frattempo il datore effettua convocazioni dirette ma non riesce a trovare un dipendente (ciò è documentabile con vari certificati di atto di notorietà).
Per causa di FORZA MAGGIORE è costretto a chiudere a settembre la propria attività, i cui incassi sono fermi al momento delle dimissioni della dipendente.
L'agenzia delle entrate revoca il credito di dieci milioni per mancato ripristino entro tre anni del livello occupazionale (l. 499/97).
E' corretto questo comportamento o al limite la revoca doveva essere parziale in rapporto al periodo lavorato?
Parere
L'art. 4, primo comma, della Legge n. 449 (non 499) del 27 dicembre 1997 concedeva alle piccole e medie imprese, che dal 1° ottobre 1997 al 31 dicembre 2000 assumevano nuovi dipendenti, un credito d'imposta, a partire dal 1998, per un importo pari a 10 milioni di vecchie lire per il primo nuovo dipendente e pari a 8 milioni, sempre di vecchie lire, per ciascuno dei successivi.
Il credito d'imposta, comunque, non poteva superare l'importo complessivo di 60 milioni annui in ciascuno dei tre periodi d'imposta successivi alla prima assunzione.
La suddetta agevolazione si applicava a condizione, soprattutto, che:
- l'impresa, anche di nuova costituzione, realizzasse un incremento del numero di dipendenti a tempo pieno ed indeterminato;
- il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisse riduzioni nel corso del periodo agevolato;
- il contratto di lavoro fosse a tempo indeterminato;
- i nuovi dipendenti fossero iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità oppure fruissero della Cassa Integrazione Guadagni;
- fossero osservati e rispettati i contratti collettivi nazionali, le prescrizioni sulla salute e sicurezza dei lavoratori ed i parametri delle prestazioni ambientali.
Qualora siano definitivamente accertate violazioni non formali, e per le quali siano previste sanzioni di importo superiore a 3 milioni di vecchie lire, alla normativa fiscale e contributiva ovvero violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, commesse nel periodo in cui si applicano le disposizioni agevolative, il credito d'imposta è revocato e si deve far luogo al recupero delle minori imposte versate o del maggior credito riportato e si applicano le relative sanzioni.
Dalla normativa schematicamente sopraesposta, risulta evidente che il recupero del credito d'imposta deve basarsi su un'effettiva volontà del contribuente di non voler rispettare la normativa fiscale, contributiva e di sicurezza sul lavoro.
Nel quesito che mi è stato posto, invece, manca totalmente il suddetto comportamento evasivo, cosciente e volontario, per cui ritengo illegittimo il totale recupero fiscale che l'Agenzia delle Entrate intende fare, perché, nella fattispecie, la revoca deve essere parziale, in rapporto al periodo effettivamente lavorato.